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Scriveva alcuni giorni fa Michele Serra che dovremmo cominciare a "rivendicare i libri letti come i calli sulle mani".
E in effetti di un lettore che legge molto si dice 'lettore incallito'.
Questo è il complimento migliore che si può fare a scrittori, lettori, editori. E farlo oggi, 23 aprile, è una forma resiliente di cittadinanza.
Perché il 23 aprile è riconosciuta dall’UNESCO come la giornata in cui si festeggia la lettura.
Una festa nata in Spagna, in Catalogna, in occasione della ricorrenza di San Giorgio, patrono della regione. Era consuetudine che gli uomini regalassero alle donne una rosa. I librai fecero lo stesso con le clienti per ogni libro acquistato durante quella giornata.
Noi non possiamo spedirvi le rose. Ma i libri sì. E oggi più che mai vi invitiamo a sfogliare il nostro catalogo e a trovare il libro che fa per voi.
Perché avere i calli in quanto lettori è una forma, oggi, per rispondere, punto su punto, al silenzio a cui si vuole costringere la nostra coscienza di cittadini. -
Il 20 aprile del 1993 era un giorno di sole.
Alle 3 del pomeriggio non si fece buio ma un brivido percosse le case, le strade, le anime, i cuori di molti. Sentivamo nella tristezza del dolore di aver conosciuto un uomo in cui credere, un pastore che liberava la ricchezza depositata in ogni persona. Uno che incalzava l'oltre.
Sono le singole persone che conducono la speranza oltre la soglia del lamento e la fanno esperienza di comunità.
Sine modo. Senza misura. Oltre ogni differenza.
Altrimenti non è Pasqua.
Che è la festa dell'andare oltre.
Oltre anche la certezza della tua morte per indicare con il volto scavato dal dolore la strada della Pace. -
Gli scienziati confermano: ci estingueremo un attimo dopo che l’ultima ape avrà cessato di volare. È scientificamente dimostrato che le api passando di fiore in fiore portano la certezza della vita sempre un po’ più in là. Un fiore, e una certezza di vita in più per tutti. Un altro fiore, un’altra manciata di esistenza garantita. Per una di quelle infauste azioni di cui noi umani siamo capaci, le api sono a rischio estinzione. Mancano i fiori, mancano le api, manca la vita. Mancheremo noi. Ma la catena funziona anche così: mancano le api, manca la vita, mancano i fiori. Mancheremo noi. Noi mancheremo per ultimi. Un sorta di condanna meritata perché, pur conoscendo a memoria che per fare tutto ‘ci vuole un fiore’, abbiamo pensato che fosse solo il ritornello di una canzone e che invece il poeta non avesse voluto dirci qualcosa. Le api ci dicono che la vita non dipende, ma interdipende. Che una foresta che scompare è un problema planetario, che la plastica nei mari ci ritorna in tavola. Che possiamo creare l’intelligenza artificiale, ma ‘di fiore in fiore’ è l’azione che regge il sistema vivente. La foresta amazzonica, come gli ulivi di Puglia, le piogge tropicali nel centro e nord Europa come la nebbia non più in Val Padana sono il segno di un clima e di una economia che cambia. O di una economia che ha cambiato il clima. Il rapporto, in natura, non è solo di causa effetto e non è mai immediato. Ci vuole tempo perché un fiore diventi tavolo. Ci vuole tempo e noi abbiamo poco tempo. C’è una generazione over ‘anta’ che fatica a vedere e capire perché abituata a pensare e pensarsi in un tempo dell’ora et consuma: ‘prega che le cose cambino, ma nel frattempo goduti tutto ciò che puoi, consuma e accumula’. C’è una generazioni di adolescenti che non ha ancora il diritto di voto ma che si è messa in marcia con Greta Thunberg per dirci che hanno il diritto, loro e la terra, gli alberi delle grandi foreste come l’Amazzonia o gli alberi di una regione del mediterraneo, a un futuro in cui respirare e nutrirsi. La nostra generazione avrà inventato l’intelligenza artificiale e anche scoperto il cibo sintetico. Ma se mancano le api, mancheremo noi. Un attimo dopo che la Natura non ci sarà, non avremo nemmeno il tempo di capirlo in laboratorio. Perché non siamo sintetici e nemmeno artificiali. Siamo fatti di materia. Di acqua e di aria buona. E come i fiori, ne abbiamo bisogno.
Ci salveranno le api. Se noi salveremo le api.
(Elvira Zaccagnino su "Madre. Il mensile della famiglia")
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Già dall'incipit ieri sera Lazzaro Gigante ci ha fatto capire che non avremmo ascoltato le solite cose su don Tonino. Una sfida inedita, tratteggiare il profilo di don Tonino educatore liberandolo dall'apologia nostalgica ma interrogandolo come maestro che ha saputo liberare la ricchezza dell'uomo.
Ci è riuscito, Lazzaro Gigante. Solo lui poteva farlo così bene.
Abbiamo ricevuto in dono ieri sera, all'ultimo appuntamento del ciclo di incontri Artigiani dell'Imprudenza, una lezione che ha costruito l'impalcatura del pensiero e della praxis di don Tonino.
Non una testimonianza, una delle tante, ma uno studio vivo.
E la sintesi che è anche la prospettiva sta nella sua prima affermazione: «Come educatore, don Tonino è stato risvegliatore di coscienze. Come quella mosca bianca di cui parlava Socrate che spinge il tardo cavallo.»
Il tardo cavallo e la mosca bianca.
Una immagine antica e vera.
Una immagine potente per gli artigiani dell'imprudenza di oggi. -
Il libro è del 2013: Santa che voleva solo vivere di Alfredo Traversa.
La storia, cioè l'assassinio di Santa Scorese, è del 1991.
Una storia di stalking. Un storia di violenza su una giovane ragazza che amava la vita al punto da volerla dedicare interamente agli altri.
Da ieri gira il trailer del film "L'incredibile storia di Santa" di Mimmo Spataro, le cui riprese sono terminate alcune settimane fa e che andrà in prima nazionale in maggio. Per guardarlo potete cliccare qui.
A noi queste prime immagini hanno tolto il fiato.
Una storia assurda, incredibile. Raccontarla, farla conoscere è un dovere verso la vittima e verso tutte le donne perché trovino da subito il coraggio della denuncia e incontrino istituzioni pronte ad ascoltarle.