Ieri sera, al primo incontro di Artigiani dell’imprudenza, abbiamo scoperto un Manzi che pochi conoscevano. Per molti di noi era solo il maestro che accelerò, grazie alla televisione, il processo di alfabetizzazione degli italiani. Invece abbiamo conosciuto un Alberto Manzi scrittore, nonviolento, innovatore didattico e disobbediente.
Ad esempio. Nel 1981, pochi lo ricordano e pochissimi lo sanno, si rifiutò di redigere le "schede di valutazione" che la riforma della scuola aveva messo al posto della pagella. Manzi si rifiutò di scriverle perché sosteneva: «Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest'anno, l'abbiamo bollato per i prossimi anni.»
La disobbedienza gli costò la sospensione dall'insegnamento e dalla paga. L'anno dopo il Ministero della Pubblica Istruzione fece pressione su di lui per convincerlo a scrivere le valutazioni. Manzi fece intendere di non avere cambiato opinione, ma si mostrò disponibile a redigere una valutazione riepilogativa uguale per tutti tramite un timbro; il giudizio era: "fa quel che può, quel che non può non fa". E quando il Ministero gli fece notare che per le valutazioni non si possono usare i timbri, lui scrisse la stessa frase a mano.
I maestri, le donne, gli scemi del villaggio sono gli attori del cambiamento nei suoi romanzi.
La scuola, la nostra scuola, è disseminata di maestri eccellenti. Da prendere da esempio.