Liberare la teologia
Da Trento fino ad oggi la visione della fede è stata fondata sulla concezione della Bibbia come un oracolo divino. Attribuendo direttamente a Dio le parole in essa contenute, si stabilisce che ne sia l'autore reale per il tramite di alcuni interpreti umani. I profeti e gli agiografi stanno al servizio di Dio, come puri strumenti per scrivere ciò che Dio "detta" loro. Così le parole umane si rivestono di divino. E la teologia viene ridotta a strumento per derivare le verità "positive" contenute in quella parola. Per tale ragione, la teologia si è andata convertendo se non proprio in "scienza degli articoli della fede", perlomeno in "scienza delle conclusioni", una sorta di rivestimento ideologico della Chiesa. E chi non si adegua ai canoni o alle regole del gioco del positivismo dogmatico, coagulato nella tradizione del Magistero Ecclesiastico, non è ritenuto abbastanza teologo. O viene messo ai margini.
Queste pagine si soffermano con spirito costruttivo ma con singolare audacia, ormai inconsueta, sulla condizione di crisi che attraversa la teologia. Il teologo oggi vive un conflitto lancinante. Da una parte gli si impone di non valicare il solco tracciato dalla verità rivelata e dalla tradizione magisteriale, dall'altra avverte, con moderna sensibilità, il bisogno di svolgere liberamente il suo pensiero, a contatto con le nuove frontiere della ricerca scientifica ed ermeneutica. Liberare la teologia significa riscattarla dal controllo della gerarchia, rimetterla al servizio della Parola e lasciare che accompagni il cammino dell'uomo di oggi verso nuove domande di senso.
Autore | G. L. Salas |
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Anno di pubblicazione | 2007 |
Pagine | 80 |
Collana | paginealtre paginealtre... lungo i sentieri della differenza |